Storia dei giardini: dall’antichità al Rinascimento
Creare giardini è da sempre una forma d’arte. Dalle epoche antiche ad oggi si sono succedute mode e stili differenti nell’arte dell’architettura dei giardini. Tali stili verranno descritti in questo articolo ed in una serie di altri tre articoli dal profumo primaverile.
I Giardini babilonesi, egiziani e greci nell’antichità
Il giardino nasce nell’area cosiddetta della “mezzaluna fertile”, l’arco di terre situate alla confluenza dei grandi fiumi Tigri ed Eufrate, ove la terra è fertile per il sole che la riscalda e bagnata ed irrigata dall’acqua dei fiumi. Fertile è la terra sulla costa siriana e palestinese, la terra intorno all’Oronte e la terra lungo il corso del Nilo. Da queste terre hanno origine i miti delle divinità, i miti connessi al ciclo delle stagioni, i miti della fertilità.
La storia del giardino è una storia millenaria. La letteratura ci rimanda ai tempi antichissimi delle civiltà della Mesopotamia quando l’impero assiro dominava su Siria Palestina ed Egitto.
I famosi “giardini pensili” erano creati su terrazze sorrette da pilastri e costruite appositamente per questo scopo. In realtà il re Nabucodonosor ideò delle “ziggurat” sui cui piani venivano piantati alberi e coltivati fiori, per raffigurare idealmente le montagne della Media, terra d’origine della sua amata sposa.
Dei giardini egiziani, generalmente annessi alle abitazioni, si ha scarsa documentazione. Notevole è la raffigurazione di un giardino che un alto funzionario del Nuovo Regno volle far affrescare nella propria futura tomba. Vi sono rappresentati alberi d’alto fusto sulla riva di un fiume, una vigna al centro, edifici per il culto divino, fiori e piante.
In Grecia per molto tempo ci si limitò a coltivare oliveti, vigne, frutteti e orti recintati (képoi) ove crescevano piante alimentari ed aromatiche. Giardini erano annessi ai templi. Soltanto dopo le imprese di Alessandro Magno ci si ispirò ai giardini visti in Egitto, Mesopotamia e Persia.
Veri giardini dell’Ellenismo furono quelli ideati dai tiranni siciliani e dai re che succedettero ad Alessandro. Così fu il parco di Gelone, detto anche “corno di Amaltea” per la sua fertilità (Il corno della capra Amaltea, rottosi per caso, fu posto da Giove nelle costellazioni come “cornu copiae” o corno dell’abbondanza).
Il tiranno Dionigi ricreò a Rhegion (antico nome di Reggio Calabria) che ricostruì nel 351 a.C.,i paradisi dei re persiani.
I giardini in epoca romana
Più vasta è la documentazione sui giardini in epoca romana. Molto diffuso era l’uso dei sempreverdi e quella del giardino era una vera arte; gli alberi erano potati in forme geometriche a raffigurare talvolta costruzioni murarie; erano creati labirinti, arcate. Esecutore di tutti questi lavori era il “topiarius”, l’equivalente del nostro giardiniere, tanto che il termine è rimasto nell’espressione “arte topiaria” cioè arte della potatura. Di “ars topiaria” ci parla anche Cicerone: è l’abilità di tagliare cespugli dando loro forme geometriche o persino di animali.
Peculiarità del giardino in epoca romana era l’assoluta simmetria, i viali erano diritti, paralleli ed ortogonali, vi erano disposte statue, colonne, tempietti, erme. Il giardino creato dagli architetti era un giardino chiuso alla vista esterna ed era concepito come estensione dell’abitazione.
A Roma, nelle domus, il peristilio centrale era circondato da orti e frutteti. Esempi ne sono la Casa dei Papiri di Ercolano o la Casa del Frutteto di Pompei. Nella Casa del Profumiere, sempre a Pompei, crescevano gli ulivi, perchè l’olio era usato per la produzione delle essenze.
Le famiglie patrizie e le dinastie imperiali realizzavano parchi-giardino, gli “horti”, mentre anche alti personaggi, fedeli all’immagine del parco e frugale cittadino romano, coltivavano un piccolo spazio domestico da cui ricavare i prodotti necessari alla mensa quotidiana.
In epoca imperiale, i giardini più spettacolari furono gli “horti” di Mecenate, estesi su una vasta area al centro di Roma, giardini che Mecenate lasciò in eredità ad Augusto.
Dai giardini di Mecenate, ampliandone l’area, Nerone realizzò quella che fu poi definita “Domus Aurea” per lo splendore e la ricchezza profusi. I giardini della Domus Aurea, che si estendevano su 219 ettari furono progettati e realizzati da Severo e Celere, architetti esperti anche in opere di ingegneria idraulica. Comprendevano zone boschive, spazi aperti, realizzazioni prospettiche, un lago artificiale.
Dopo la morte di Nerone e la sua “damnatio memoriae”, il complesso sarà smembrato e infine distrutto da un incendio nel 104.
A riprendere la grandiosa idea di Nerone sarà l’imperatore Adriano nella sua villa presso Tivoli (villa Adriana). Un complesso monumentale, l’Antinoeion, comprendeva un recinto, un’esedra e due templi. Al centro sorgeva un obelisco sul sito della tomba di Antinoo, il giovinetto amato da Adriano e misteriosamente annegato nel Nilo. Tutto il complesso era immerso in un giardino contornato da palme da dattero, a ricordare il paesaggio egizio.
I giardini nel mondo germanico
Dopo la divisione amministrativa dell’Impero compiuta da Teodosio nel 380 d.C., nella “pars occidentalis” molti fattori contribuirono alla caduta d’interesse per i giardini e, in generale, al peggioramento dello stile di vita: furono le crisi della vita urbana, l’avvento di popolazioni provenienti dal nord-est asiatico, una generale decadenza dell’autorità pubblica le cause determinanti. Con la crisi della civiltà romana e la disgregazione dell’impero, si assiste ad un progressivo abbandono delle grandi proprietà urbane ed extra urbane. La Villa Adriana è trasformata in grande tenuta agricola, con campi coltivati e vigneti.
Le nuove aristocrazie di origine germanica (Goti, Franchi, Longobardi) imponevano nuovi stili di vita e nuovi modelli abitativi. Nel mondo germanico si praticava la raccolta dei frutti spontanei piuttosto che l’agricoltura e l’allevamento. Il decremento demografico contribuì ad accentuare questi caratteri. La nuova riorganizzazione delle strutture abitative portò alla nascita dei villaggi in cui si privilegiavano orti produttivi. La parola “garten” deriva dall’antico tedesco “gart” e “garto” che indicano un luogo recintato e protetto. Questo termine permane in tutte le lingue sia d’origine germanica che romanza.
Dal X-XI secolo si assiste ad un notevole incremento demografico, dovuto a migliori condizioni climatiche ed alla conseguente messa a coltura di nuovi spazi prevalentemente coltivati a cereali. Ad integrare questa dieta a base di cereali contribuirono i prodotti dei giardini e degli orti.
Il giardino dei “semplici”: il giardino monastico
In questo quadro si evidenzia una diversa realtà: il mondo monastico.
Già dai tempi degli anacoreti orientali, dalle “lavrai” greche e calabresi, si evidenzia un modello di vita che trae sostentamento dalla coltivazione di un proprio orticello, che consentiva la sopravvivenza ed impegnava in un lavoro manuale che consentisse la meditazione.
Fu così che, nei grandi monasteri benedettini, intorno al corpo centrale con la chiesa e le celle dei confratelli vi era il chiostro, che richiamava il peristilio greco e romano. Intorno erano giardini, orti e frutteti. Presso l’infermeria erano piantate le erbe officinali da utilizzare in ambito terapeutico.
Al centro del chiostro, diviso da due sentieri che si intersecano in croce, cresce un albero, simbolo dell’albero della vita, oppure un pozzo, una fonte.
L’albero, il pozzo o la fonte hanno, nella simbologia monastica, lo stesso significato della montagnetta artificiale al centro dei parchi imperiali persiani: simbolo dell’ “umbilicus mundi” la Montagna Sacra, per la simbologia cristiana il Cristo, Asse della Storia.
Il chiostro diviene immagine cristologica.
Mentre in Oriente la cultura del giardino permase, in Occidente ebbe un lungo periodo di oblio.
I chiostri dei conventi hanno perpetuato, in un certo senso, la cultura del giardino antico, sebbene all’inizio le abbazie, come quella di SanGallo in Svizzera, hanno semplicemente dei frutteti e un orto ove vengono coltivati i “semplici” per l’uso della farmacia.
Un miglioramento delle tecniche agricole, una nuova sensibilità nei confronti della natura risveglierà l’interesse per i giardini, ma il contributo più importante giungerà dalla cultura musulmana.
Il giardino islamico

Il paradiso islamico: splendido giardino di delizie.
I califfi Omayyadi di Damasco e gli Abbasidi di Baghdad trasmisero l’arte dei giardini che già fu della civiltà ellenistica che a sua volta l’aveva appresa da Egitto e Babilonia.
Così l’arte dei giardini persiani si diffuse, attraverso la conquista araba, fino alla Spagna.
I conquistatori arabi fecero proprio il lusso dei giardini persiani e contemporaneamente assimilarono la tradizione romano-bizantina. Il “patio” delle abitazioni andaluse deriva sia dalla tradizione ellenistica che dal peristilio romano. Così, nel Patio dei Leoni nell’Alhambra di Granada, la fontana centrale sorretta dai leoni è circondata da un’area suddivisa in quattro parti, piantata ad erba e fiori, come nel giardino persiano.
La città-giardino di Medina-az-Zahra (la città fiorita) creata dai califfi di Cordoba riprende il concetto dei “pairidaeza” persiani.
In Sicilia gli emiri arabo-berberi diedero vita a giardini altrettanto mirabili che saranno ereditati poi dai Normanni.
I giardini della Zisa, della Cuba e di Favara a Palermo ne sono viva testimonianza.
Una nuova visione dell’arte dei giardini iniziò ad imporsi in Occidente tra i secoli XI e XIII.
I giardini nell’epoca medioevale
In epoca medioevale soltanto i castelli dei grandi feudatari e le ville fuori le mura avevano giardini coltivati con alberi da frutto fiori. Annessi alle più importanti tenute signorili di Francia, Inghilterra e Italia erano i parchi.
Il parco è elemento caratteristico del mondo medioevale. La consuetudine germanica della caccia aveva favorito il sorgere di grandi tenute dedicate esclusivamente a questo scopo. La caccia assume il significato di una cerimonia riservata ai sovrani. Si cacciava con i rapaci, in spazi aperti, ma soprattutto con i cani, che inseguivano la preda. Questo tipo di caccia a cavallo necessitava di ampi spazi adibiti a questo uso e ben delimitati sorvegliati da guardie, era la “foresta” ad indicare uno spazio esterno (“foris”).
Parco deriva dal tardo latino “parricus” cioè recinto per bestiame.
Fu soprattutto in Inghilterra che si sviluppò l’uso di disporre, da parte dei sovrani, di vaste tenute adibite, in parte a giardino e in parte, più lontano dal castello, di parchi di grandi dimensioni riservati alla caccia. In particolare, in Inghilterra, vi era il “deer park” cioè il parco riservato alla caccia al cervo.
In Italia si ha menzione del “barcho” dei Visconti a Pavia, che comprendeva il castello e una estesa proprietà che comprendeva la Certosa, voluta da Gian Galeazzo Visconti.
Un altro barco era fuori le mura di Milano, presso il castello sforzesco e si estendeva su un’area di 330 ettari.
In Francia l’esempio più famoso di parco è quello di Hesdin. Costituito da tre zone, comprendeva un giardino, situato presso il castello, con piante da fiore e da frutto, un orto. Vi era una parte a bosco ed infine una parte con zone umide, denominato “Li Marès”
Nel parco di Hesdin trovavano posto automi e meccanismi idraulici.
Oltre alla nascita dei parchi, si assiste alla rinascita della villa, soprattutto in Toscana.
Il paesaggio toscano, con la sua bellezza, diventa il motivo innovatore del nuovo giardino di villa.
I giardini all’inizio del Rinascimento
Si deve ai Medici e in particolare a Cosimo il Vecchio il nuovo interesse per le coltivazioni e per l’agricoltura. Tra gli anni 1420-1450 Cosimo si dedicò a lavori di abbellimento delle ville di Trebbio, Cafaggiolo e Careggi ove gli splendidi giardini facevano da sfondo a feste e incontri con personaggi importanti.
Giovanni, secondo figlio di Cosimo, diede impulso ad un nuovo stile, con la realizzazione della villa di Fiesole che presenta caratteristiche nuove, con grande attenzione al panorama e giardini pensili posti su terrazze.
Fra le ville medicee è quella di Fiesole che rappresenta una vera rivoluzione nella realizzazione dei giardini. Il progetto è scenografico, con terrazzamenti e complesse opere di arte topiaria.
Altre importanti realizzazioni furono le “delizie”, i giardini degli Estensi di grande effetto scenografico, in territorio ferrarese. Gli Estensi ampliarono il parco annesso alla villa di Belfiore, fino a raggiungere la dimensione di un migliaio di ettari e crearono grandi tenute adibite alla caccia.
I Gonzaga realizzarono un complesso che comprendeva le tenute di Goito e Marmirolo, estendosi sino al Mincio.
Nella creazione di parchi destinati alla caccia anche i papi ebbero un ruolo importante. Una vasta tenuta organizzata dal cardinale Forteguerri, cugino di Enea Piccolomini, negli anni tra il 1460 e il 1473 venne in seguito ampliata da Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo) e diventerà in seguito la Tenuta della Magliana, estesa lungo la via Portuense verso Ostia nella campagna laziale.
Nel 1487 Alfonso d’Aragona realizzò uno splendido giardino presto scomparso: la tenuta di Poggioreale a tre chilometri da Napoli ; si estendeva dal fianco di una collina fino a scendere verso il mare in un paesaggio di rara bellezza.
Immagine in evidenza: Pittura murale in una tomba di Tebe con scene di vita ambientate in un giardino, tratto da “Giardini” Ed. Giunti AAVV
Immagine interna: Giardino d’acqua all’Alhambra, Granada, Spagna, fondata da Mohamed Ibn Yusuf ben Nasr