5 giugno: giornata mondiale dell’ambiente
Diamo i numeri!
- 1 milione di bottiglie di plastica al minuto vendute nel mondo (se ne ricicla solo il 7%);
- 24,2 miliardi di paia di scarpe fabbricate nel 2018 nel mondo, non riciclabili perché la plastica non è separabile dal resto;
- 1 miliardo di spazzolini da denti smaltiti quest’anno solo negli US.
Potremmo continuare così con pneumatici (tra i maggiori inquinanti di fiumi e mari), sigarette (il filtro è acetato di cellulosa), pellicole per alimenti e posate/piatti di plastica, ma pensiamo che i numeri sopracitati rendano l’idea.
La plastica si trasforma in micro e nanoplastiche che ritornano negli alimenti che mangiamo e perfino nell’aria che respiriamo e ancora non ne conosciamo gli effetti.
Il problema della plastica, a onor del vero, non è eliminarla, ma evitare di mangiarla.
Tra i motti ambientalisti più comuni: ridurre, riutilizzare e riciclare quest’ultimo non sempre risulta percorribile perché il riciclo presenta costi elevati.
Il problema della plastica, tuttavia, inizia ad essere nei pensieri dei consumatori e così le aziende si prodigano per trovare soluzioni che vadano incontro alle nuove richieste.
Il problema dei rifiuti e l’economia circolare
In uno splendido articolo di Nat Geo (dic 2019), Robert Kunzig intervista Marc de Wit di Circle Economy, parte di un movimento internazionale che propugna il cambiamento di quasi tutto ciò che facciamo da quasi 200 anni, cioè da quando è stata inventata la macchina a vapore, per indicare un momento preciso.
Perché abbiamo sviluppato un’economia lineare?
Cosa è accaduto negli ultimi 200 anni? Un tempo coltivare, costruire, e spedire prodotti richiedeva un duro lavoro e per questo motivo le merci acquisivano valore.
Tuttavia, la maggioranza delle persone era estremamente povera.
La crescita ha permesso di ridistribuire la ricchezza e ridurre il prezzo delle merci perché prodotte su larga scala.
I combustibili fossili hanno ampliato le nostre possibilità e il processo continua ad intensificarsi.
Mettere fine alla crescita è utopistico oltre che improduttivo.
Allo stesso tempo gli ambientalisti continuano a metterci in guardia ed il pensiero divergente potrebbe aiutarci a trovare soluzioni innovative.
A differenza degli ecosistemi che funzionano a cicli (le piante crescono nel terreno, gli animali mangiano le piante, il letame alimenta nuovamente il terreno) la nostra economia industriale segue un andamento lineare.
A muovere l’economia internazionale quattro gruppi di materie prime: minerali, metalli, combustibili fossili e biomasse.
- La sabbia è uno dei componenti del cemento con cui sono stati costruiti edifici per appartamenti in tutti i continenti.
- I metalli sono diventati navi, automobili e anche macchine agricole.
- I combustibili fossili fanno funzionare le macchine.
- Le biomasse comprendono agricoltura e allevamento.
Il ciclo di vita di questi materiali prevede grandi sforzi per la lavorazione delle materie prime, ma il nodo è in quel che succede dopo il passaggio produttivo e della vendita del prodotto.
Più di 61 miliardi di tonnellate di materiali ottenuto con fatica vanno perduti, e la maggior parte è del tutto irrecuperabile.
Un terzo di tutto il cibo è andato a male, anche se per produrne in maggiori quantità abbiamo deforestato l’amazzonia.
I problemi ambientali sembrano irreversibilmente collegati ai rifiuti. Sembrerà terribilmente banale, ma la soluzione pare sia smettere di sperperare le risorse.
La filosofia della circle economy
La filosofia di base vorrebbe conciliare tutela dell’ambiente, equità sociale e sviluppo economico e i prodotti, nonchè i processi economici, possono essere progettati in modo che i rifiuti diventino materiale utile per qualcosa d’altro.
Economia circolare
Per spiegare l’economia circolare desidero portare un esempio che riguarda il settore farmaceutico:
Nei pressi di Copenaghen esiste un polo industriale che rappresenta un’icona dell’economia circolare.
Le aziende del posto sfruttano i rifiuti delle altre.
Novo Nordisk, un’azienda che noi farmacisti conosciamo bene poichè produce insulina ad uso umano venduta in tutto il mondo, insieme ad un’azienda consorella, produce come scarto 330 mila tonnellate l’anno di lievito esausto.
Questo impasto molliccio viene trasportato in un impianto di bioenergia dove i microbi lo trasformano in biogas in quantità sufficiente per rifornire 6000 abitazioni e in fertilizzante per 20 mila ettari di terreno.
Questo è solo l’ultimo dei 22 scambi di rifiuti..
Gli scambi sono nati esclusivamente per finalità economiche, ma hanno generato un circolo virtuoso per l’uomo e l’ambiente.
Sintetizzando una minima parte degli scarti planetari (per la precisione il 9%) con un movimento circolare torna indietro e rappresenta tutti i materiali che siamo riusciti a recuperare attraverso il riciclaggio, il compostaggio e altre pratiche.
Quali soluzioni possibili?
Gli studi convergono verso un insieme di strategie: alcune un po’ scontate come ridurre i consumi, riutilizzare e riciclare; altre nuove come l’idea di noleggiare anziché acquistare.
L’obiettivo non è smettere di crescere, ma riformulare le nostre pratiche per recuperare un rapporto armonico con la natura.
In un continente piccolo, affollato e povero di risorse come l’Europa l’idea è piaciuta e l’UE sta investendo miliardi in una strategia di economia circolare.
L’Olanda prevede di avere un’economia circolare entro il 2050, mentre grandi città come Amsterdam, Parigi e Londra hanno programmi ben precisi al riguardo.
Materie prime dell’industria cosmetica e risorse aziendali italiane– ROELMI HPC
Ci sono esempi di realtà aziendali che sviluppano progetti di economia circolare a diversi livelli, diversificando l’impegno.
ROELMI HPC (Health and Personal Care) è leader nella produzione di ingredienti attivi e funzionali per il mercato della cosmetica e della nutraceutica, grazie all’utilizzo di tecnologie d’avanguardia guidate dall’innovazione e ispirate da un modello di economia equo, inclusivo e sostenibile.
La dott.ssa Stefania Zanzottera, marketing manager di ROELMI HPC descrive la realtà aziendale in cui lavora e ci ha aiutato a comprendere i progetti sostenibili in cui l’azienda è coinvolta ed è attore principale: la Società, con sede a Origgio (VA), fa capo a ROELMI Holding e nasce nel 2017 dalla fusione di quattro realtà̀ italiane indipendenti, accomunate dagli stessi valori e da una vision condivisa.
ROELMI HPC sviluppa progetti ricercando l’innovazione attraverso la volontà di perfezionare modelli di economia circolare in quanto opportunità per creare valore sostenibile.
È a questo modello di valorizzazione di by-product dell’agroindustria che si ispirano alcuni dei progetti all’interno dei centri di Ricerca & Sviluppo di ROELMI HPC:
- Acque biologicamente attive da frazioni non edibili della frutta utilizzate per la produzione di succhi e concentrati alimentari, CytoFruit® Waters: ingredienti cosmetici, contenenti oligo elementi e fitonutrienti presenti nella frutta, che concorrono alla salvaguardia dell’ambiente in quanto il loro utilizzo prevede un minor consumo di acqua potabile durante la fase di produzione.
- Agenti emollienti biodegradabili, EMotion: la linea di esteri ottenuti da coltivazioni a basso impatto ambientale del cardo mariano – che rappresentano un’opportunità̀ per lo sviluppo di politiche di valorizzazione territoriale, grazie alla riconversione di oltre 3,500 ettari di aree marginali e alla creazione di nuovi posti di lavoro – si presenta sul mercato come innovativa offerta di prodotti sensoriali con il plus di essere anche una valida alternativa etica e sostenibile ai siliconi utilizzati nella cosmetica.
- Agenti testurizzanti biodegradabili, Celus-Bi® Feel, che garantiscono performance d’uso eccellenti come morbidezza, tocco vellutato e capacità filmogena. Seboregolazione ed elevata compatibilità con attivi, oli vegetali e fragranze, completano il profilo dell’ingrediente. Si presentano sul mercato come innovativa offerta di prodotti sensoriali con il plus di essere anche una alternativa alle microplastiche in applicazioni leave-on.
Queste pratiche coinvolgono ogni singolo settore dell’azienda e hanno dato vita al programma NIP®- No Impact In Progress. NIP® interpreta le azioni sostenibili dell’azienda, vista come comunità attiva che opera nel rispetto dell’ambiente e che concorre alla preservazione della biodiversità utilizzando risorse rinnovabili.
Gli asset tangibili del NIP® – declinato in tutti i prodotti e tecnologie utilizzate – includono, inoltre, la riduzione degli sprechi, grazie ad un’economia circolare basata sul riuso e l’aumento della consapevolezza del consumatore nella scelta di prodotti eco-compatibili ed eco-sostenibili.
Approccio waterless- Gale e Cosm srl
Un secondo approccio di notevole impatto in cosmesi è la riduzione dell’utilizzo delle risorse ed in particolare dell’acqua.
Sembrerà scontato, ma l’acqua copre il 70% della superficie del nostro pianeta ed è facile incappare nell’idea che ce ne sia tanta e sia una risorsa infinita. Non è così: l’acqua potabile, quella con cui ci laviamo, irrighiamo i campi e beviamo è incredibilmente rara.
Il 3% dell’acqua terrestre è potabile ed i due terzi di tale risorsa è stoccata nei ghiacciai o non è raggiungibile.
Alcune aziende lungimiranti si stanno impegnando per non intaccare le risorse di acqua potabile.
In parallelo, un recente trend formulativo prevede l’uso di pochi ingredienti “poco è di più” (i.e. less is more) e prevede di ridurre o eliminare l’uso di sostanze non strettamente necessarie.
Nasce così la filosofia del cosmetico waterless. Per fare alcuni esempi: shampoo solido, creme e detergenti anidri, makeup con formule anidre che non prevedono l’uso di acqua, nemmeno per i processi produttivi.
Waterless formulations
Ho intervistato l’ad di Gale e Cosm s.r.l., Alfredo Radice, che da anni svolge l’attività di distribuzione di materie prime.
Gale e Cosm è all’avanguardia nella ricerca di interconnessioni con aziende di tutto il mondo. Una delle aree innovative di ricerca che tale realtà sta sviluppando riguarda le formulazioni waterless.
Gale e Cosm è una giovane azienda in rapido sviluppo e propone una vasta gamma di materie prime con le quali è possibile ridurre l’apporto di acqua o non utilizzarne del tutto ed emulsionanti a marchio proprio con certificazione COSMOS e registrazione Vegan (Galolive®OW, Galolive®WO, Galegloss®, Galeglow®, Galehemp®WO, Galehemp®OW) ideali per processi a freddo per ridurre l’impatto ambientale.
Formulare senza acqua permette, tra l’altro, di ridurre l’utilizzo di conservanti o non utilizzarne del tutto. La disponibilità di acqua in formula permette microbica, questo è il motivo per cui si utilizzano i conservanti.
Per formule waterless si intende sia la formulazione di sostanze anidre, ma anche la formulazione di prodotti che non rendono disponibile l’acqua in formula alla crescita microbica. Un esempio può esser rappresentato da alcuni emulsionanti come i poligliceroli che riducono la disponibilità di acqua in formula.
“Waterless Beauty”, rappresenta una prosecuzione di tendenze come la Clean Beauty e Sustainability che si è sviluppata alla fine del 2019, secondo gli esperti acquisirà maggiore importanza dopo la pandemia di Covid-19 e durerà a lungo.
Le argomentazioni a favore di tale teoria riguardano l’aumento dell’uso inconscio del consumo di acqua, scarsità di questa risorsa di base e germofobia post Covid-19.
Il packaging cosmetico
Grazie ad importanti iniziative nel mondo (la Mac Arthur Foundation negli stati Uniti si è adoperata per far dialogare multinazionali ed enti governativi) è stato siglato, nel 2017, un protocollo al World Economic Forum di Davos a sostegno dell’economia circolare.
All’iniziativa hanno aderito nel 2018 Johnson & Johnson, Unilever, insieme ai suoi partner, ma anche la P&G, Danone, Coca Cola e l’italiana Novamont, player fondamentale nella produzione e utilizzo di imballaggi di plastica.
L’impegno di queste multinazionali in un progetto condiviso può avere un enorme impatto, in termini di tutela dell’ambiente.
Per quanto riguarda gli imballaggi plastici, tra cui il packaging cosmetico, è stato siglato «A line in the sand» un protocollo internazionale, in collaborazione con l’Assemblea per l’ambiente della Nazioni Unite.
In una interessantissima monografia comparsa su Kosmetica del 2019 firmato da Anna Maria Ferro vengono ben descritte le ultime novità.
Nell’ambito del packaging cosmetico, la maggior parte degli imballaggi sono in plastica. Ci sono molti studi rivolti a nuovi materiali derivati da carta, cartone, lignina, materiali cellulosici, ma non sono ancora in grado di garantire idro e oleorepellenza.
Anna Maria Ferro conclude riportando che “negli ultimi 5 anni cominciano a uscire dal laboratorio diversi prototipi di materiali cellulosici ad alte prestazioni, molto interessanti. Questo è sicuramente un buon segnale, ma soprattutto un’iniezione di fiducia nei confronti delle aziende che investono nella ricerca e per i produttori che sperimentano queste nuove forme di packaging”.
Il vetro
Secondo un’indagine Unilever effettuata nel 2017, più di un intervistato su cinque (21%) avrebbe orientato meglio le proprie scelte di consumo se i marchi di interesse avessero esposto in maniera più chiara certificazioni di sostenibilità sui propri prodotti, packaging compreso. Ma non è soltanto una questione di sostenibilità: i consumatori europei, italiani compresi, hanno ben chiaro che il vetro ha diverse caratteristiche che lo rendono un materiale unico anche dal punto di vista funzionale, prosegue Anna Ferro.
La percezione degli italiani riguardo il vetro
È proprio il dettaglio dell’indagine che rivela la percezione positiva che hanno gli italiani del vetro e non solo dal punto di vista ambientale. Il 77% dei consumatori considera, infatti, il vetro il miglior contenitore per la cosmetica e i profumi, sia per la sua sostenibilità (opinione espressa dal 47% degli italiani), sia perché, essendo un materiale inerte, non disperde sostanze chimiche (44%), e può dunque preservare al meglio la qualità e il profumo del contenuto (46%), e, non da ultimo, per il tocco raffinato che riesce a dare ai prodotti (21%).
In conclusione
Una riflessione finale riguarda i movimenti giovanili ambientalisti e la dimensione della competenza responsabile che ci porta a trovare soluzioni nuove in modo da concertare gli sforzi ed imparare a pensare in un modo nuovo.
Nel nostro piccolo potremmo far attenzione ai dettagli: evitare di consumare acqua, carta ed elettricità, ridurre l’uso dell’automobile, ridurre l’uso della plastica e ove possibile ricorrere alla raccolta differenziata e non gettare rifiuti per strada.
Dovremo spendere energie ed educare noi stessi ed i nostri figli per preservare un mondo sano, ma soprattutto imparare dagli errori!
Scritto da Barbara Catozzi
Riferimenti bibliografici:
National geographic marzo 2020, vol.45 “Un mondo senza rifiuti” di Robert Kunzig
Kosmetica- Packaging cosmetico sostenibile, Anna Maria Ferro
ROELMI HPC: https://www.roelmihpc.com/
https://www.youtube.com/channel/UCiclv9QWr
Gale e cosm: https://www.galecosm.com/it/
https://www.flipsnack.com/galecosm/water-less-beauty-gale-cosm/full-view.html
https://www.nationalgeographic.com/contributors/k/robert-kunzig/
Pensiero divergente: dott. Alberto Pellai intervistato da Mani Tese sul concetto di So-Stare e con riferimento ai moti ambientalisti giovanili (in particolare da 70′):
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Immagine interna della terra nelle mani: La Terra di notte teneva in mano umana. Giornata della Terra. Concetto di risparmio energetico, Elementi di questa immagine fornita dalla NASA Di PopTika
Immagine ghiacciaio: Argentina, Iceberg del ghiacciaio Spegazzini Di eskystudio
Immagine inflaconamento di WAYHOME studio