TPO nei cosmetici
TPO nei cosmetici: tutto quello che devi sapere sulla restrizione del fotoiniziatore Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide
Cos’è il TPO e perché veniva usato nei cosmetici
Il TPO (Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide) è un fotoiniziatore, cioè una sostanza che attiva la polimerizzazione quando viene esposta alla luce UV.
Tradotto: permette al gel o allo smalto semipermanente di indurirsi rapidamente e diventare resistente, brillante e duraturo.
Proprio per questo il TPO è stato a lungo uno degli ingredienti chiave nei prodotti fotoindurenti:
- gel UV e LED per unghie,
- top coat semipermanenti,
- adesivi e coating speciali.
Ma negli ultimi anni, la sua sicurezza è stata rivalutata dalle autorità europee.
Il percorso regolatorio del TPO nei cosmetici: dalla proposta svedese all’aggiornamento del Regolamento 1223/2009
Il TPO è stato oggetto di attenzione sin dal 2020, quando la Svezia ha proposto all’ECHA una classificazione armonizzata come sostanza CMR di categoria 1B per la tossicità riproduttiva, etichettata con H360Fd: “Può nuocere alla fertilità. Sospettato di nuocere al feto.”
A seguito di questa classificazione, il Regolamento (UE) 2024/1460, entrato in vigore il 1 settembre 2025, pubblicato a maggio 2024, ha aggiornato l’Allegato II del Regolamento cosmetici (CE) 1223/2009, includendo il TPO tra le sostanze vietate nei cosmetici.
Quindi… gli smalti semipermanenti sono “pericolosi”?
No, non si tratta di un’emergenza sanitaria.
Il TPO non è vietato perché causa danni immediati, ma perché le evidenze tossicologiche disponibili non sono più considerate accettabili per l’uso cosmetico a lungo termine.
In pratica, l’Unione Europea ha scelto il principio di precauzione, aggiornando la lista delle sostanze vietate per tutelare i consumatori e spingere l’industria verso ingredienti più sicuri.
Implicazioni pratiche per aziende e formulatori del ban del TPO nei cosmetici
Per i produttori e i brand cosmetici, la restrizione implica:
- divieto d’uso del TPO in nuove formulazioni,
- riformulazione obbligatoria di prodotti UV (gel unghie, semipermanenti, ecc.),
- aggiornamento del PIF e della valutazione della sicurezza,
- verifica degli stock e delle date di immissione sul mercato per la gestione del periodo transitorio.
Possibili alternative al TPO nei cosmetici
Formulatori e R&D stanno già valutando alternative più sicure e conformi:
- Benzoyl peroxide, Ethylhexyl dimethyl aminobenzoate (solo in specifiche condizioni),
- TPO-L (Ethyl(2,4,6-trimethylbenzoyl)phenylphosphinate), considerato meno problematico,
- Camphorquinone, in combinazione con co-initiatori.
La scelta va sempre verificata rispetto alla fotopolimerizzazione, alla compatibilità con resine acriliche e ai limiti di esposizione UV.
Perché il TPO nei cosmetici è diventato “virale”?
Il tema è esploso online perché ha colpito un settore in piena crescita — quello del nail beauty professionale — e perché molti hanno interpretato la notizia in modo allarmistico.
Ma dietro la viralità si nasconde una riflessione più profonda: oggi i consumatori vogliono sapere cosa c’è dentro i cosmetici e se ciò che usano è davvero sicuro.
In altre parole, il caso TPO è anche una lezione di trasparenza e comunicazione scientifica.
Conclusione: da allerta a opportunità di innovazione
Il divieto del TPO non rappresenta solo un vincolo normativo, ma anche un’occasione per innovare, spingendo verso:
- formulazioni più sicure e sostenibili,
- tecnologie di fotopolimerizzazione “green”,
- maggiore trasparenza nella supply chain e nei controlli di sicurezza.
Per le aziende, il messaggio è chiaro: anticipare i cambiamenti regolatori significa proteggere il brand e i propri clienti.
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