Le fake news: il punto di vista della psicologa
“Fake news” è un termine che si riferisce a notizie intenzionalmente e verificabilmente false o fasulle, distorte o presentate in maniera ingannevole, con l’intento di disinformare (Allcott e Gentzkow, 2017). Il loro impatto tuttavia non si limita alla sfera della disinformazione ma ha un impatto ben più significativo sul benessere psicologico e sul comportamento delle persone che vi sono esposte. Recentemente sono stati approfonditi gli effetti delle fake news sulla salute mentale: soprattutto in caso di una massiccia o ripetuta esposizione, il loro potenziale di determinare ansia, paura e stress è estremamente elevato.
Gli effetti delle fake news sui più piccoli
L’iniziativa “Una vita da Social” della Polizia di Stato (2014) ha rilevato che il 31% dei giovani tra gli 11 e i 25 anni s’informa sempre attraverso le piattaforme sociali, il 49% ogni tanto.
Sebbene l’indagine evidenzi che oltre il 90% dei giovani si dichiari capace di distinguere tra una notizia vera ed una fake news, si stima che solo il 2% dei bambini in età scolare abbia le capacità di alfabetizzazione critica di base per capire la differenza tra notizie vere e false (National Literacy Trust, 2018). Il report del 2018 della National Literacy Trust sottolinea alcuni aspetti che motivano il crescente interesse e la rilevanza degli interventi atti ad incrementare la consapevolezza nell’uso di Internet da parte dei più giovani: la metà dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni è preoccupata di non riuscire a identificare una fake news e il 60% dichiara di aver perso fiducia nella stampa a causa delle fake news. Inoltre, il 60% degli insegnanti ritiene che esse abbiano impatto sul benessere dei bambini e incrementino i livelli di ansia.
Quali sono i meccanismi cognitivi che sostengono il diffondersi delle fake news?
Partiamo dal presupposto che nell’elaborazione delle informazioni, soprattutto quando si tratta di una grande quantità, il nostro cervello utilizza delle strategie per risparmiare energia. Altrimenti non saremmo in grado di diffondere la nostra attenzione su tutti gli stimoli che competono per ottenerla! Queste strategie si chiamano “euristiche” e sono delle scorciatoie di pensiero che ci permettono una valutazione rapida di uno stimolo (in questo caso un’informazione) sulla base di pochi elementi che risultano rilevanti. Questo ovviamente va a scapito della qualità dell’elaborazione, che risulta sì più veloce ma anche più approssimativa e/o superficiale. Ed ecco che commettiamo degli errori sistematici, detti anche “bias”.
Vediamo i più comuni nell’ambito delle fake news. Una parte di essi sono legati al funzionamento del nostro sistema di memoria e alle nostre convinzioni pregresse: l’interpretazione dei fatti e delle notizie dipende in parte dal confronto con le nostre conoscenze, obiettivi e convinzioni. L’uso dei termini è importante: infatti, a seconda di come poniamo una domanda nel momento del recupero di un’informazione, può crearsi o meno un falso ricordo (effetto false memory). “A che velocità andava l’auto quando si è schiantata contro l’altra?” è ben diverso da “A che velocità andava l’auto quando ha urtato l’altra?” e può influenzare la traccia di memoria e l’interpretazione della persona cui è posta la domanda. Siamo anche influenzati dalla ripetizione: si chiama effetto verità illusoria quello per cui la tendenza a credere ad un’informazione aumenta in funzione del numero di volte in cui viene ripetuta. Infine, abbiamo molta difficoltà a sostituire una vecchia informazione ritenuta vera con una nuova: l’effetto di influenza continua è proprio la situazione in cui una vecchia informazione, anche se falsa e già smentita, continua ad influenzare i nostri processi di pensiero perché non viene sradicata a livello mnestico.
Siamo poi più portati ad accettare informazioni coerenti con il nostro sistema di convinzioni e conoscenze piuttosto che informazioni ad essi contrarie: questo fenomeno prende il nome di belif bias, per cui tutti i contenuti che “sfidano” il nostro sistema pre-esistente avranno una probabilità inferiore di essere accettati e saranno sottoposti ad una maggiore analisi, tesa ad evidenziarne i punti deboli.
Infine, abbiamo il cosiddetto bias di conferma, ovvero la nostra tendenza naturale a cercare informazioni che si accordano con il proprio sistema di credenze. Ecco che l’unione tra questa tendenza e il meccanismo degli algoritmi e dei big data presente sui social media e motori di ricerca, determina il crearsi di vere e proprie camere d’eco, in cui siamo esposti unicamente ai contenuti che validano e rafforzano le nostre convinzioni pre-esistenti e ci consentono di confrontarci solo con utenti che la pensano come noi e le nostre opinioni divengono sempre più polarizzate e radicate.
Quanto conta il contesto sociale?
Ovviamente, nel processo di selezione ed elaborazione delle informazioni, spesso non siamo da soli ma inseriti all’interno del nostro contesto sociale di riferimento. Anche questo può influenzarci in molti modi: primo fra tutti con il cosiddetto effetto carrozzone (bandwagon effect), cioè la nostra propensione ad adottare un comportamento o una posizione semplicemente perché è quello che fa la maggioranza, soprattutto se si tratta del nostro gruppo di riferimento. Insieme ad esso, anche la riprova sociale gioca un ruolo fondamentale. Quando le persone non hanno abbastanza elementi per valutare uno stimolo o un comportamento, semplicemente ritengono valido e corretto quello adottato dalla maggioranza delle persone: praticamente usiamo le azioni degli altri come guida al nostro comportamento, soprattutto nel caso in cui gli altri ci appaiano simili a noi. Questo effetto è molto sfruttato sui social e determina spesso il successo e l’influenza da parte delle “persone della porta accanto”.
Come identificare una fake news?
Ci sono anche alcune semplici domande che possono guidarci quando sospettiamo di trovarci di fronte ad una fake news:
- dove è pubblicato questo contenuto? (in poche parole, la credibilità della fonte)
- quante prospettive sono rappresentate? (chiedersi se all’interno del contenuto è citata solo una visione o versione dei fatti e se questa è, per l’appunto, in accordo con quanto già pensavamo precedentemente)
- chi trae beneficio dal fatto che molte persone credano a questa notizia? (per riconoscere se e quale intento vi è dietro l’eventuale fake news)
Ma attenzione, perché non sempre le pratiche di debunking (cioè di smentita di una fake news) hanno l’effetto desiderato! Quando non sono effettuate correttamente e con attenzione alle caratteristiche degli utenti, possono anche avere un effetto boomerang, ovvero rafforzare la polarizzazione delle opinioni, rafforzando le credenze preesistenti.
Titolo: Le fake news: il punto di vista della psicologa
Descrizione: Fake news e psicologia: scopri gli effetti delle fake news sulla salute mentale ed i meccanismi cognitivi che sostengono il diffondersi delle fake news!