Come trasformare i tuoi sensi di colpa in una grande risorsa per te stessa e per la tua coppia
Differenza tra senso di colpa, vergogna e autocritica
Si può definire il senso di colpa come un’insieme di sensazioni spiacevoli che vengono sperimentate in seguito alla trasgressione di norme morali. Possiamo ritenerlo un’emozione secondaria poiché non è innato nei bambini ma si sviluppa nei primi anni di vita. Inizialmente si configura come la “paura della punizione” che può essere inflitta dal genitore e motiva, quindi, il bambino ad ubbidire.
Tra i 5 e i 6 anni l’individuo inizia poi a concepire i sentimenti degli altri come distinti dai propri e di conseguenza si sviluppa un senso di responsabilità nei loro confronti. Ciò permette l’interiorizzazione di norme morali, la cui trasgressione genera sensazioni spiacevoli e quindi senso di colpa. Questa emozione, però, non va confusa con la vergogna, che implica una svalutazione si sé, mentre il senso di colpa si ferma al giudizio morale delle proprie azioni.
Nella teoria psicoanalitica il senso di colpa ha origine nella relazione tra l’Io, che prova a soddisfare i propri bisogni, e il Super-io, che contiene le regole morali della persona. Questa seconda istanza non è altro che l’interiorizzazione delle figure genitoriali ed è quindi tanto più rigida quanto più autorevoli sono stati i genitori (1). Il senso di colpa nasce, appunto, quando il desiderio della persona si scontra con il Super-Io. Questo conflitto, tuttavia, non è sempre conscio poiché l’individuo può non essere a conoscenza della reale natura delle forze in gioco. In questo caso si viene a formare un senso di colpa inconscio che può orientare il suo comportamento.
La mancata consapevolezza di questo meccanismo può causare la formazione di una struttura patologica. Un classico esempio è quello della depressione in cui l’aggressività del Super-Io si rivolge verso l’individuo stesso. Il senso di colpa che ne deriva è difficile da tollerare e inficia l’autostima e la fiducia in se stessi. Altrimenti può accadere che l’individuo cerchi inconsciamente di espiare le proprie colpe e avverta quindi il “bisogno” di una punizione. È in questo modo che Freud ha tentato di spiegare la propensione di alcune persone alla delinquenza (2).
Tipologia di sensi di colpa
Esistono diversi tipi di senso di colpa, classificati in base alle cause che lo generano. Una prima categoria si basa sostanzialmente sulle norme morali dell’individuo e viene quindi chiamata senso di colpa deontologico (3). A scatenarlo potrebbe essere un azione ritenuta deplorevole come un furto o una violenza. Si parla di senso di colpa deontologico anche quando non si fa qualcosa che si vorrebbe o dovrebbe fare, come rinunciare alle proprie passioni o dimenticarsi di fare i compiti.
Un secondo tipo di senso di colpa è invece legato alla responsabilità verso gli altri e viene per questo definito altruistico (3). Un esempio potrebbe essere la sensazione di non aver fatto abbastanza per aiutare le persone che ci circondano. Il desiderio incessante di spendersi per gli altri, però, rischia di mettere in secondo piano il proprio benessere. Quando questa condizione persiste si può arrivare a uno stato di burnout, una sindrome caratterizzata da un forte stress che deriva, appunto, dall’occuparsi eccessivamente di altre persone trascurando i propri bisogni (4).
Un altro tipo di senso di colpa altruistico può essere causato dal fatto di stare meglio degli altri e di avvertire questa responsabilità. Questa condizione, detta “del sopravvissuto”, caratterizza ad esempio alcuni veterani di guerra che possono aver perso amici e compagni (5). Un caso più vicino alla quotidianità potrebbe essere quello di un paziente dimesso dall’ospedale mentre le condizioni del suo compagno di stanza si sono aggravate.
Il senso di colpa come elemento diagnostico
Il senso di colpa spesso è visto come un sentimento negativo, pesante, inutile, da evitare o da far “scivolare via”.
Più retrocediamo nel tempo e più le generazioni erano intrise di questo sentimento a causa di un’educazione più severa e di una società molto meno permissiva nel soddisfare esigenze individuali che tendeva a reprimere i narcisismi in favore della struttura comunitaria.
Con il passare del tempo la tendenza si è invertita e, sempre più, le regole sociali vengono manipolate e svuotate di significato e la dimensione del gruppo si sfalda in favore delle esigenze individuali.
Clinicamente questo cambiamento è facilmente osservabile proprio perché continuano a diminuire i disturbi nevrotici e dilagano i disturbi di personalità borderline.
Per lo psicologo il senso di colpa è un indice diagnostico molto importante e, per chi lo prova, una via feconda per la crescita personale. Questo sentimento, infatti, induce le persone a interrogarsi sui propri comportamenti e sui propri pensieri, innescando dei meccanismi di introspezione e messa in discussione.
Il senso di colpa è principalmente carente in persone con grosse difficoltà nel riconoscere le proprie ed altrui emozioni e nei manipolatori.
Il senso di colpa nella coppia
Il senso di colpa può essere evocato da persone appartenenti all’ambiente circostante e più il legame affettivo è importante, maggiore sarà l’intensità del sentimento.
I rimproveri o le osservazioni delle persone care possono focalizzarsi su alcuni aspetti sensibili per la persona che riceve la critica al punto che il messaggio, risuona così fortemente che lentamente si confonde l’origine del rimprovero. La critica in questo caso diventa autocritica e può trasformarsi in senso di colpa.
Semplificando, si può affermare che la differenza tra i due è data dall’ammontare affettivo. L’autocritica ha un contenuto emotivo medio-basso e conserva le capacità di ragionamento mentre nel senso di colpa la parte affettiva può essere talmente elevata da far perdere i punti di riferimento logico-razionali o stravolgere l’interpretazione dei fatti.
Un tipico senso di colpa delle donne è quello di non soddisfare abbastanza il partner, da vari punti di vista.
Rossana, per esempio, mi dice che il suo partner le rimprovera di trascurarlo troppo, di non aver mai tempo per lui, di essere troppo concentrata e disponibile per i figli ma di non avere polso nell’educazione.
Non sappiamo ancora se questo è il richiamo di un partner premuroso che ha notato una deriva della sua compagna rispetto alla coppia e all’educazione dei figli o se invece è un partner che per qualche ragione ha bisogno di più attenzioni e sta cercando di averle in modo poco costruttivo.
L’ipotesi del partner premuroso è sempre da valutare perché ci sono diversi eventi nella vita che possono richiedere energie, attenzione, investimento emotivo e a farne le spese può essere proprio la famiglia. In alcune situazioni si è come ipnotizzati e non ci si rende più conto da quanto tempo si è assenti nei confronti dei propri cari e una doccia fredda di consapevolezza può essere molto utile per rompere la fissazione o almeno per stimare tempi e modalità per uscire dal tunnel.
Nella maggior parte dei casi, però, la situazione non è così semplice e, come nel caso di Rossana, non si tratta di una banale distrazione.
Il partner la critica sulle due identità più importanti per una donna, quello di moglie e quello di madre.
La paziente porta dei dati di realtà che smentiscono queste critiche. Dice che i figli hanno ottimi voti a scuola, rincasano in anticipo sull’orario concordato per le uscite, aiutano quotidianamente nelle faccende di casa e hanno un linguaggio rispettoso ed adeguato. Dice di essere presente appena possibile con il compagno, organizza le necessità dei figli in modo da poter passare qualche week end fuori casa con il compagno, dice di essere disponibile sessualmente e di essere aperta al dialogo.
Rossana entra in un circuito di pensieri e dialoghi interni che continua a ripetersi per capire dove sbaglia e mentalmente cerca di trovare gli eventi che danno ragione al compagno. Nonostante porti dei dati di realtà diversi, non si ascolta mentre li elenca o mentre risponde alle mie domande. L’attenzione è così silenziata dal senso di colpa che è necessario portarla energicamente a considerare anche le informazioni che non riesce ad ascoltare ma che sono fondamentali per una valutazione obiettiva di quello che sta succedendo.
La reazione di questa donna fa capire subito la sua struttura di pensiero:
- Regole morali personali: devi essere una buona moglie (presente), devi essere una buona madre
- Sicurezza sulle regole morali personali: molto bassa (non confronta i dati di realtà con le critiche subite)
- Sensibilità ai temi criticati: molto alta
- Profondità del legame con il partner: ampia (assume su di se le critiche senza metterle in discussione)
- Rapporto tra autocritica e senso di colpa: sbilanciato pesantemente verso il senso di colpa.
Come trasformare il senso di colpa in una risorsa?
Il punto fondamentale è individuare dei punti di riferimento reali a cui agganciarsi per costruire una griglia di lettura solida di quello che sta accadendo.
Per quanto riguarda l’identità di madre ci sono sufficienti dati per affermare che il metodo educativo è ben funzionante. Quando sottolineo gli ottimi risultati ottenuti con i figli e che ulteriori richieste potrebbero essere demotivanti e controproducenti, Rossana tira un sospiro di sollievo e il suo senso di colpa sull’argomento si sgonfia immediatamente, l’autocritica diminuisce e il pensiero si dirige verso la valutazione delle richieste del compagno che ora appaiono esagerate e a volte inappropriate.
Le informazioni sulla vita di coppia sono meno precise e circostanziate ma un dato importante è che lei dice di metterci il massimo per avere dei momenti con lui.
Andare oltre questo livello ha un costo emotivo direttamente proporzionale al surplus che si sta dando. Si tratta di qualcosa che non è spontaneo ma generato da uno sforzo che se protratto nel tempo o di grande intensità, porta la persona ad avere comportamenti forzati e carenti di contenuto affettivo.
Rossana faceva di tutto per il compagno e per i figli e non riusciva quindi a capire cosa suo marito le stesse chiedendo (pur dandogli ragione).
Fare una corretta analisi della situazione è fondamentale per affrontare sbloccare il problema ed evitare l’esacerbarsi di discussioni di coppia, crolli dell’autostima, aumento del conflitto.
È importante distinguere se la critica riguarda concretamente chi la sta ricevendo o è solo una necessità di chi la sta facendo.
Nel primo caso la persona può intervenire direttamente su di sé, su un proprio limite, su una norma ereditata dalla propria educazione che può essere rivista o riconsiderata. Oppure regolare il livello di stress nel caso sia preda di un’attività molto intesa o prolungata rischiando di “dimenticarsi” per troppo a lungo dei propri legami familiari.
Nel secondo caso l’unica azione possibile è rimandare al mittente il lavoro mentale e lo svolgimento di questo è responsabilità dell’altra persona.
Di seguito propongo un breve ma efficace esercizio basato sugli stessi principi del lavoro fatto con Rossana, che è molto utile per mappare il proprio senso di colpa, rompere il rimugino di pensieri e riconquistare la lucidità mentale per trasformare il pantano in un fertile terreno di crescita personale, di coppia e familiare.
Mappa dei sensi di colpa
Elenca in ordine di priorità da 3 a 5 cose che più ti fanno sentire in colpa nel rapporto con il tuo partner o che lui ti ha fatto notare.
Per ognuna di esse individua dei dati di realtà che falsificano la critica che ti stai facendo o che ti è stata rivolta.
Ora definiscile quantitativamente assegnando a ogni senso di colpa un valore da -10 a +10. Il numero sarà negativo se è il tuo partner che ti sta facendo sentire in colpa, oppure positivo se questa mancanza è reale.
Maggiore saranno i dati di realtà che avrai trovato a confutare l’accusa, più il punteggio sarà vicino al -10 (e viceversa)
Questa mappa ti da un’idea precisa di quali sono le cause dei tuoi sensi di colpa e di quanto possono essere grandi. In questo modo potrai lavorarci al meglio per superarli e farne un’occasione di crescita personale.
Superare i sensi di colpa permetterà di alleggerire le tensioni psicologiche personali e di coppia. Le energie liberate possono essere investite per sbloccare la stagnazione del rapporto e favorire la ricerca di maggior serenità e sincera affettività.
Bibliografia
- Galimberti, U. (2018). Nuovo dizionario di psicologia: psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze. Feltrinelli.
- Laplanche, J., Pontalis, J. B., Fuà, G., & Mecacci, L. (1993). Enciclopedia della psicoanalisi. Laterza.
- Mancini, F., & Gangemi, A. (2015). Deontological guilt and obsessive compulsive disorder. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 49, 157-163.
- Maslach, C. (2003). Burnout: The cost of caring. Ishk.
- Kubany, E. S., & Manke, F. P. (1995). Cognitive therapy for trauma-related guilt: Conceptual bases and treatment outlines. Cognitive and Behavioral Practice, 2(1), 27-61.
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Riferimenti
Gianpaolo Ragusa, psicologo. (gianpaolo.ragusa@gmail.com)
Mi occupo di supporto psicologico individuale con adulti (di persona e online) e di supporto psicologico di coppia. Svolgo attività di formazione professionale per avvocati, educatori e assistenti sociali e di formazione alla cittadinanza a scopo preventivo, divulgativo e informativo.